Economia

Migliori Marchi dell’Arredamento Italiano

Il design italiano del mobile ha sempre posto l’accento sulla qualità dei materiali e sulla bellezza artigianale. Andiamo a scoprire di più in questo articolo e scopri i migliori marchi italiani di arredamento.

Storia del mobile italiano

Mentre la storia suggerisce che i mobili di lusso e le arti decorative sono stati di proprietà della Francia, a partire dal XVII e XVIII secoloe fino all’Art Nouveau e all’Art Deco degli anni ’10 ’30 del secolo scorso, gli ultimi decenni del XX secolo hanno portato un nuovo interessante partner nel mondo del design: l’Italia. Il contributo dei designer di mobili italiani contemporanei ha lasciato un segno indelebile e ha fanno conoscere il nostro paese come uno dei maggiori esportatori di mobili moderni.

In nessun altro luogo al mondo si possono trovare così tanti esempi variegati, sia in termini di concezione che di risultati formali.

Basti pensare ai fratelli Castiglioni, Vico Magistretti, Fornasetti, Gio Ponti, Ettore Sottsass e Gae Aulenti, giusto per citarne alcuni.

Top 3 marchi di arredamento italiano

Lonora

Lonora nasce dall’intuizione di alcuni tra i più accreditati professionisti internazionali del settore home e si avvale della partnership dei più affermati produttori turchi: questo marchio tutto Italiano ha visto una crescita enorme negli ultimi anni, grazie ad un perfetto connubio di qualità e convenienza, divenendo uno dei leader Italiani nel settore dei tappeti.

Nuvola Parma Reti

Si tratta di un brand che è arrivato di recente sul mercato, oggi Nuvola produce non solo materassi di prima scelta, ma anche arredo camera di elevatissima qualità.

Il catalogo è veramente ampio e include cuscini, letti completi, divani letto e accessori come piumini e copripiumini.

I materassi Nuvola nascono da oltre 65 anni di esperienza di Parma Reti, per cui sono un brand affidabile come pochi.

Opera Contemporary

Frutto di Angelo Cappellini, produttore di mobili di ispirazione francese (si pensi agli stili Louis e Regency), Opera Contemporary vive tutta la storia dell’eredità brianzola del suo predecessore ma con un’estetica rinnovata guardando ad oggi.

La sua collezione intreccia linee rococò intricatissime con linee pulite e spigolose, ricche di damaschi con lussuosi velluti semplici.

Standard
Economia

Stiamo dando via tutte le nostre aziende migliori

game-over-519008-mSicuramente un paese più che industrializzato e, per certi settori, anche all’avanguardia ed innovativo.
Questa era l’Italia di alcuni anni fa e, se risaliamo di qualche decennio, lo possiamo esemplificare con quel Mattei che si mise in testa (pensa che pensiero folle!) di battere la concorrenza delle sette sorelle petrolifere che dettavano legge con il loro monopolio dell’OPEC.
Alitalia, Telecom, il Petrolchimico di Marghera, le grandi griffe della moda, il made in Italy, l’Olivetti tanto per citare alcuni famosi nomi che hanno fatto la fortuna del nostro paese. Ma è da oltre venti anni che l’Italia ha condotto la più grande dismissione di beni pubblici dell’intera Europa che si è trasformata in una Caporetto  che stiamo ancora pagando.

Inizia nel 92 con un insieme di accordi sulla concertazione e poi con la legge Treu del 97 a proposito di flessibilità l’inizio del crollo di grandi imprese.
La globalizzazione è sempre stata una giustificazione per nascondere interessi non sempre in linea con le esigenze del paese e le passate malversazioni di imprenditori che hanno spremuto più possibile prima di cedere la loro attività, ha fatto il resto.
Che oggi la Telecom venga ceduta per pochi spiccioli alla spagnola Telefonica è solo la punta di un iceberg che annovera le vendite di Fiorucci Salumi, Carapelli, Olio Sasso, Riso Scotti, Bulgari, Fendi, Gucci, Brioni, Parmalat, Locatelli, Galbani, Invernizzi e via dicendo. Marchi storici in settori strategici come quello delle telecomunicazioni, moda, alimentari (leggi articolo).
E presto potrebbe toccare all’Alitalia, alla Pirelli di Marco Tronchetti Provera, alla ILVA e questo perchè nessun imprenditore italiano ha i mezzi e gli input giusti per interessarsene intervenendo continuando così a deprimere il capitale delle nostre grandi aziende che, laddove non sono costrette a chiudere o si delocalizzano in paesi dove burocrazia e tassazione è migliore, oppure vengono cedute ad investitori stranieri che approfittano del momento per comprare a prezzi di realizzo.
Ma in tutto questo, quanta responsabilità ha la politica italiana?

 

Standard